LA FESTA DEL TENNIS MOLISANO

La cosiddetta “Sindrome di Stoccolma” spiega piuttosto benino quel senso di smarrimento iniziale e di successiva paradossale solidarietà che una vittima di un sequestro, piuttosto – chessò – di abusi ripetuti, finisce per provare nei confronti del proprio aguzzino. Non riesco francamente a trovare altre spiegazioni all’entusiasmo per questa festicciola che ravviva ormai da anni, il dicembre grigio di Campobasso e mal comprendo il supporto dei molisani a chi da tempo dirige la nostra situazione politico amministrativa. La sudditanza nei confronti degli abruzzesi non ha prodotto alcunché nell’ottica di un rilancio del nostro tennis e allora mi sembra quanto meno inopportuno tutto questo devoto rispetto ai membri del C.R.. Fermo restando che non sono i pescaresi i (soli) colpevoli delle nostre miserie, non avrei mai immaginato di dover spendere ancora tempo per sparlare di una delle feste più insulse che si siano mai viste; men che meno avrei mai immaginato di dover utilizzare la psicologia per raccontare su che piano di indulgenza (faccio fatica a non parlare di servilismo) siamo precipitati. Lo capisco benissimo che un genitore non possa in nessuna maniera esimersi dall’accompagnare il proprio figliolo che, in una domenica anonima, deve ricevere un pubblico encomio e una coppa da 17 euro e capisco pure che non possa rinunciare, all’ossequiosa presenza, chi da questo sistema (marcio) guadagna soldi; faccio, invece, più fatica a comprendere come possano finire soggiogati, tutti gli altri. Possibile mai che quelle trame, contestate per un anno intero, perché contrarie ai propri principi, si dissolvano malinconicamente davanti ad un buffet?  Continuo a credere che il molisano vero, quello che non si è piegato neppure davanti ai romani, non sia così sfacciatamente lecchino e proprio per questo mi chiedo che problema ci sia a far valere qualche diritto o più semplicemente manifestare  il proprio dissenso. Promettere battaglie a “microfoni spenti” per poi andare a sciogliersi come neve al sole, come pure mostrarsi (per undici mesi all’anno) contrari al sistema ed andare poi a mangiare i pasticcini al Centrum Palace, non mi sembra molto coerente. Mi convinco, ancor prima di pensare che sia circondato da pecore e conigli, che evidentemente una stretta di mano è meglio di cento battaglie, che la resa è più comoda e che in fin dei conti, accettando mestamente la dipendenza psicologica da chi ci governa, è più facile ottenere lo sblocco del management, dell’economato, l’approvazione del torneuccio di terza e la tessera FIT del proprio socio. Mi preme, però, ricordare che un delegato ci fu propinato pescando nel mazzo, un altro ci fu imposto per due mandati consecutivi contro lo statuto federale e davanti a queste nomine non ci fu chiesto nulla. In mille altre occasioni, è apparso chiaro ed evidente che peso specifico ha voluto attribuire al Molise il Presidente del C.R. Abruzzo: lo zero assoluto. Evito, per decenza, di raccontare in che modo dispotico siano state trattate altre questioni che, invece, nel comparto più democratico del mondo (lo sport), avrebbero potuto prendere la via del confronto senza mortificazioni sul piano personale (penso in questo senso a Ferdinando Manna ma pure alle tante altre prese in giro). Fasciano è in stand by da un anno e mezzo: avevamo capito che potesse essere lui il traghettatore ma anche quest’ultima questione se ne è andata a puttane. Spero almeno che quel buffet sia stato di buon livello.

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